Aumento della superficie vitata: le regole dell’UE minacciano la qualità del vino

Una beffa legalizzata!

È stato un vero e proprio boom, quello che ha riguardato le richieste di nuovi ettari per la produzione di vino. Un trend, dovuto anche alla crisi di alcuni settori del comparto agricolo, come la zootecnia e i seminativi, che però non sembra portare qui frutti sperati per la produzione vinicola.

Ogni stato membro dell’Unione Europea potrà, fino al 2020, richiedere ogni anno un aumento delle autorizzazioni di impianto pari all’1% della sua intera superficie vitata. In Italia, a fronte di 6.400 nuovi ettari, sono arrivate le richieste per un totale di 67mila. Questa enorme distanza tra domanda e offerta di nuovi ettari, è imputabile soprattutto ai requisiti, poco stringenti, per poter inoltrare la richiesta. La condibkg-2000x1354-vignetio sine qua non è che un produttore agricolo abbia a disposizione un terreno coltivabile, non importa se già precedentemente utilizzato per il vino.
Così un provvedimento, nato per aiutare il comparto vinicolo, si è trasformato in un boomerang. Come sottolinea l’Unione Italia dei Vini, circa l’87% delle domande è pervenuto da professionisti che non avevano mai operato nel mondo del vino, togliendo così spazio ad aziende che invece avevano una tradizione consolidata nella viticoltura.
Il problema non è unicamente numerico, ma rischia di avere delle ripercussioni anche sulla qualità. Prima di tutto perché non ci si improvvisa dall’oggi al domani viticoltori. Molte nuove attività verranno catapultate nel complesso e variegato mondo del vino, con poca o nessuna esperienza alle spalle, inoltre diversi territori non sono adatti per impiantare la vite, con un abbassamento degli standard qualitativi.

Resta infine un’ultima beffa, che riguarderà la distribuzione degli ettari: molte grandi imprese si vedranno assegnati pochi ettari, mentre piccoli produttori avranno a disposizione fazzoletti di terreno molto ampi, ben oltre le proprie esigenze.

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