Ruché: uno splendido vitigno autoctono piemontese

Coltivato solo e soltanto nel Monferrato astigiano, il Ruché è un vitigno autoctono del Piemonte a bacca nera che è contraddistinto da due aspetti fondamentali: unicità e antichità. A oggi, viene coltivato esclusivamente nel comune di Castagnole Monferrato e in sei comuni limitrofi, con 103 ettari coltivati totali. Ama molto i terreni asciutti, calcarei e ben esposti e manifesta un’ottima resistenza sia alla siccità, sia alle infezioni virali.

Scopriamo la storia di un vitigno in grado di offrire un vino molto pregiato, dalle peculiarità semplicemente speciali.

Storia e origini del vitigno autoctono Ruché

Sono diversi i vitigni arrivati da molto lontano che hanno trovato le condizioni ottimali per crescere nei luoghi dove sono stati successivamente impiantati, tra l’altro per puro caso. Un esempio è dato proprio dal Ruché, le cui origini sono ancora oggi molto incerte, ma che ha trovato nell’astigiano il territorio ideale per prosperare e dare i suoi frutti.

Anche sull’etimologia del suo nome esistono ancora diverse ipotesi: alcune leggende lo legano alla chiesetta benedettina dedicata a San Rocco (San Roc), dove i monaci francesi si stabilirono portando con loro alcune barbatelle da impiantare intorno al monastero; secondo altri racconti, invece, il vitigno avrebbe origini spagnole; infine, si ipotizza che “Ruché” derivi da “Rocche”, quindi da forza e resistenza, caratteristiche che contraddistinguono il vitigno di fronte a territori insidiosi e intemperie estreme.

A prescindere dalla sua natalità, una cosa è certa: una volta impiantato, il Ruché è diventato una vera e propria star nel territorio astigiano e, nel corso dei secoli, si è talmente tanto armonizzato con il territorio da essere definito “autoctono”.

Inizialmente, la coltivazione del Ruché non era destinata alla vendita, ma solo al consumo privato degli abitanti della zona. Fino al XX secolo, tra l’altro, è stato coltivato anche nella zona compresa tra il Monferrato e Le Langhe, ma i fatti hanno dimostrato che preferisce di gran lunga le condizioni offerte dal territorio intorno Castagnole, con un tasso alcalinico inferiore rispetto ad altri territori piemontesi.

Per molto tempo il Ruché è stato sull’orlo del dimenticatoio ma, per fortuna, la svolta positiva e decisiva è avvenuta intorno agli anni Settanta: il parroco di Castagnole Monferrato, tale Don Giacomo Cauda, spinto dalla sua passione per il vino ha deciso di rivalutarlo, valorizzarlo e riproporlo al grande pubblico. Con l’aiuto del sindaco dell’epoca, Lidia Bianco, è riuscito anche a far ottenere al vitigno la denominazione DOC, alla quale è seguito il riconoscimento della DOCG nel 2010. Oltre a Castagnole, i comuni che rientrano nella denominazione sono Grana, Montemagno, Portacomaro, Scurzolengo, Refrancore e Viarigi.

Caratteristiche del vitigno autoctono Ruché

Quando si parla di “ampelografia” della vite ci si riferisce a tutte le caratteristiche fisiche di un vitigno, che permettono di identificarlo e differenzialo da tutte le altre varietà. In particolare, del Ruché si può dire che:

  • la foglia ha una forma pentagonale e pentalobata, di media grandezza;
  • il grappolo non è particolarmente compatto e le ali possono variare in numero da 1 a 3;
  • l’acino ha una grandezza media e forma sferoidale;
  • la buccia è abbastanza spessa, ha un colore nero-blu e presenta una modesta pruina.

Il vitigno ha una produttività altalenante, che dipende molto dall’annata; si possono ottenere raccolti da medi a elevati, ma il tutto è legato alle condizioni climatiche del periodo.

Vinificazione e caratteristiche del vino Ruché

Il Ruché è stato definito “vino di nicchia” e non è un’esagerazione, anzi: le sue peculiarità sono talmente eccezionali da non essere state riscontrate in nessun’altra varietà, il che lo rende estremamente pregiato.

Il vitigno cresce e prospera solo in determinati terreni, la produzione può dimostrarsi bassa ma qualitativamente parlando è a dir poco eccellente. Se controllato alla perfezione, il vino ottenuto alla fine può godere di caratteristiche ineguagliabili.

Solitamente, la maturazione ottimale degli acini avviene alla fine di settembre, momento in cui è possibile procedere con la vendemmia tramite raccolta manuale dei grappoli; questo consente di mantenerli integri fino al loro arrivo in cantina. Dopo la pigia-diraspatura e una prima fermentazione, il vino viene affinato in vasche di acciaio.

Da sottolineare che tutti i processi compresi dalla vinificazione si svolgono attraverso un rigido, quasi maniacale, controllo della temperatura con l’obiettivo di tutelare profumi e colori delle uve lavorate; non a caso, infatti, il vino Ruché presenta:

  • un intenso colore rosso con decise sfumature violacee, che tende al granato con l’avanzare dell’invecchiamento;
  • uno straordinario odore floreale, che rimanda alla rosa e alla viola, con un sottofondo di note speziate;
  • un delizioso sapore caldo, avvolgente e strutturato, reso ancora più riconoscibile da una dolce tannicità e una prolungata persistenza.

Nel complesso, il vino Ruché è sempre in grado di esprimere armonia ed equilibrio con estrema morbidezza e invidiabile eleganza. Un prodotto da poter tranquilla sfoggiare e servire in occasione di eventi importanti, da ricordare.

Come abbinare il vino Ruché in cucina

Il vino Ruché si sposa alla perfezione con i formaggi stagionati ed erborinati, ma anche con i primi piatti a base di pasta all’uovo ripiena (come gli agnolotti) e i secondi piatti di carne rossa sia a lunga cottura (come lo stufato), sia al forno (come l’arrosto). Si abbina piacevolmente anche con le carni bianche, soprattutto quelle di pollo e lepre, e con le portate speziate al curry e alla senape. Nella sua versione amabile, il vino Ruché può essere servito anche dessert e dolci secchi. Se si preferisce gustarlo da solo, il consiglio è di servirlo a una temperatura di 18°C.

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