Vitigno autoctono Cagnulari: storia di un vino sardo (purtroppo) poco conosciuto

La Sardegna, così come le altre regioni d’Italia, è un tripudio di cultura, storia e tradizione; questi valori, molto radicati nel territorio, si esprimono anche e soprattutto attraverso la produzione vinicola, tra le più amate al mondo per via della sua semplicità.

Tra i vitigni autoctoni sardi poco conosciuti al grande pubblico rientra il Cagnulari: a bacca rossa, coltivato in pochissime e specifiche aree dell’isola, è capace di dar vita a una vino in purezza di primissima qualità, dalle caratteristiche avvolgenti e travolgenti.

Il prodotto ottenuto è molto equilibrato, altamente rinfrescante e mai invadente, ricco di sentori fruttati e floreali. Data la posizione dei vigneti, coltivati su terreni calcarei poco distanti dal mare, il vino Cagnulari è caratterizzato da una spiccata mineralità accompagnata da una deliziosa sapidità, che lasciano ampio spazio alle note speziate e ai frutti di bosco.

Storia del vitigno autoctono Cagnulari

Il vitigno autoctono Cagnulari è coltivato prevalentemente nella provincia di Sassari, quindi nella zona nord-occidentale della Sardegna. In particolare, si trovano vigneti nei comuni di Alghero, Ossi, Ittiri, Usini, Uri e Tissi, mentre nel resto dell’isola è quasi praticamente assente.

Sulle sue origini c’è ancora oggi molta incertezza, dato che non esistono documentazioni o fonti storicamente comprovate sulle quali fare affidamento; assomiglia molto al Bovale, quindi si suppone che sia stato trapiantato in Sardegna nel Seicento, durante la dominazione aragonese.

Al contempo, però, mostra alcune somiglianze anche con il Mourvedre, coltivato nel sud della Francia e conosciuto in Spagna con il nome “Monastrell”, di conseguenza potrebbe avere anche radici francesi.

Anche l’origine del suo nome rimane avvolta nel mistero, ma ancora oggi il Cagnulari “cambia nome” o assume soprannomi diversi in base alla zona di riferimento: nel sassarese viene chiamato “Cagliunari”, in Gallura invece è conosciuto come “Calda Reio”, “Calcareddu” o “Caldarello”. I suoi soprannomi più diffusi, invece, sono “Cagniulari”“Cagnolaro” e “Cagnovali”.

A prescindere dalla sua nascita, è un vitigno fortemente legato al territorio e tuttora viene ancora coltivato con l’antico metodo dell’alberello sulle colline composte da calcare e argilla a sud di Sassari, poco distanti dalla costa di Alghero. Mentre in passato veniva prevalentemente impiegato per tagliare altri vini rossi per aggiustarne intensità e corposità, oggi viene ampiamente affinato in purezza.

Come altri vitigni autoctoni meno conosciuti, anche il Cagnulari ha rischiato l’estinzione e deve la sua sopravvivenza alla determinazione e al coraggio di alcuni produttori locali che, credendo nelle sue potenzialità, hanno deciso di non abbandonarlo. In particolare, è stato il viticoltore Giovanni Maria Cherchi a puntare per primo sul Cagnulari: negli anni Settanta, infatti, è riuscito a portare l’attenzione del grande pubblico sull’omonimo vino, speciale e gustoso, rendendolo fiore all’occhiello della sua prestigiosa casa vinicola.
Grazie a lui e a pochi altri è stata, per fortuna, preservata un’importante biodiversità, seriamente minacciata da coltivazioni certamente più famose e redditizie.

La vinificazione in purezza del Cagnulari, quindi, è abbastanza recente e oggi vanta la Denominazione di Origine Controllata all’interno della DOC Alghero, anche se alcuni importanti produttori preferiscono utilizzare la denominazione Isola dei Nuraghi IGT per marcare maggiormente la differenza rispetto ad altri vini più conosciuti di Alghero.

A sostegno della promozione del vitigno autoctono esiste anche la Confraternita del Cagnulari, cioè un’associazione che organizza diversi eventi nel corso dell’anno per far conoscere e valorizzare l’omonimo vino coltivato nel sassarese.

Caratteristiche del vitigno e del vino Cagnulari

Il vitigno Cagnulari è particolare e unico nel suo genere e sono proprio le sue caratteristiche ampelografiche a confermarlo:

  • i suoi grappoli sono di medie dimensioni e hanno forma conica o piramidale;
  • gli acini sono medio-piccoli;
  • la buccia è molto scura, spessa e pruinosa.

Il Cagnulari è un vitigno che ha bisogno di particolari cure e attenzioni, poiché risente delle alte temperature e delle piogge abbondanti. Tra le sue peculiarità più apprezzate rientra la ricchezza di polifenoli delle sue uve, insieme a un alto contenuto di coloranti e tannini, tutti elementi che regalano al vino un colore inconfondibile e una speciale trama tannica.

Per quanto riguarda il vino in purezza, si distingue per il suo colore rosso rubino intenso e il suo profumo fruttato (con la prugna che assume il ruolo di protagonista indiscussa) segnato da note erbacee, floreali e speziate. Il suo sapore è in perfetto equilibrio tra rotondità, morbidezza, struttura, note acidule e componente tannica, anche grazie ai minerali che donano a ogni calice il giusto grado di freschezza. Un vero e proprio toccasana a ogni assaggio!

Come abbinare il vino Cagnulari in tavola

Da buon vino rosso, il Cagnulari è facilmente abbinabile in tavola: si sposa perfettamente, in primis, con taglieri di salumi e primi piatti conditi con sughi importanti o a base di pasta ripiena. Riesce a dare il meglio di sé anche e soprattutto con le carni rosse, gli arrosti, la cacciagione e la selvaggina, per non parlare dei formaggi di media stagionatura.

Se si desidera gustarlo in purezza, il segreto sta nel servirlo a una temperatura di 14-16°C, stappando la bottiglia qualche secondo prima di versarlo negli appositi calici.

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