“Territorio da bere” un nuovo progetto di valorizzazione nella zona a più alta vocazione biodinamica della Toscana, la Lucchesia

Macea (valle del Serchio) e Camiliano (piana lucchese): due cantine che si incontrano in un unico progetto

I paesaggi della Valle del Serchio
I paesaggi della Valle del Serchio

E’ particolare il territorio della Lucchesia, nel contesto toscano. Una zona con due poli, Lucca città meravigliosa d’arte e la costa della Versilia, dove mondanità e divertimenti hanno fatto e, parzialmente ancora fanno, parte di un benessere che ha contraddistinto l’Italia dal dopoguerra. Ma c’è anche un altro mondo, che sta affiorando di prepotenza negli ultimi anni, che ha come comune denominatore la qualità e come unità imprescindibili una ristorazione composta da molti nomi nascenti e da aziende vinicole con una visione produttiva naturale. Un vero e proprio “distretto biodinamico” visto che circa la metà delle aziende vinicole lucchesi segue tali principi.
In questo fertile contesto è di recente nato il progetto Territorio da bere, nato da un’idea di Andrea Maggi, oste di Locanda Vigna Ilaria, che da anni racconta nel suo locale la realtà viticola del territorio, con una particolare attenzione per i vini biodinamici, con il supporto organizzativo di Amelia de Francesco. L’idea è semplice: proporre delle serate a Vigna Ilaria dove vengono ospitati, a turno, i produttori della provincia che, a un pubblico di giornalisti e appassionati, spiegano e fanno degustare i propri vini, accompagnati dalla valida cucina dello chef Maurizio Marsili. A supporto, è stato creato un sito internet dove sono inserite le descrizioni delle cantine.
Sono stata invitata a partecipare a una serata, il venerdì prima di Pasqua, dove le aziende ospiti erano due, ma legate insieme dalle persone e da un progetto. Parlo di Macea e Camiliano, la prima della Valle del Serchio, la seconda della piana lucchese. Il deus ex machina è Cipriano Barsanti che, dopo varie esperienze in aziende vinicole toscane, ha deciso di dedicarsi completamente a Macea, l’azienda di famiglia di circa 2 ettari in gestione biodinamica. I risultati sono molto interessanti e in crescita di anno in anno. Lo dimostrano i vini degustati durante la serata (ma il giorno dopo ho avuto modo di assaggiare direttamente in cantina le convincenti annate 2013 e 1014 del Pinot Nero e il Bianco 2014, ottenuto dalla scarsa quantità dei vitigni a bacca bianca che di solito venivano imbottigliati come monovitigni), in particolar modo il Campo Caturesi Rosso 2011, proveniente da vecchi vitigni praticamente scomparsi.
Un altro discorso merita Camiliano, azienda di 7 ettari nata agli inizi del 2000 e che ha avuto subito una certa fortuna commerciale ma che poi, per problemi personali dei proprietari, è stata affittata fino a che non è stata presa in gestione proprio da Cipriano, che ne ha conservato il nome, insieme al giovane enologo Tommaso Turci, che già lavorava a Macea. L’idea è quella di avere due interpretazioni territoriali diverse, ma entrambe corrispondenti a un approccio biodinamico. L’annata del nuovo corso corrisponde alla 2013 che già rivela delle buone potenzialità, sia con il Vermentino Le Calocchie, che trova una sua dimensione senza aver bisogno di incursioni internazionali, che con il Nero di Gobbo (Sangiovese, Syrah e Merlot), un rosso dalla struttura non complessa ma con una bevuta estremamente piacevole.
Insomma, bene che ci siano queste idee di promozione del territorio, senza nessuna mano pubblica o esterna, ma che possono sussistere solo là dove c’è una forte identità e spirito di collaborazione.

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