Per chi fa biologico, in alcune zone, si prospetta addirittura una produzione più che dimezzata in termini di quantità a causa dei cambiamenti climatici
Il biologico è uno dei settori che potenzialmente risente maggiormente delle conseguenze collaterali dei cambiamenti climatici. Con il clima che si riscalda e le condizioni meteorologiche imprevedibili, i costi di produzione nel settore biologico subiscono spesso un notevole incremento, mettendo a rischio l’economia del settore e la stessa disponibilità di prodotti biologici per i consumatori che sempre più li richiedono.
Nel corso degli ultimi anni si sono registrate vendemmie anticipate, il 2023 ha ripristinato un equilibrio nei tempi di raccolta, sebbene in alcuni casi si raccoglierà anche in ritardo, ma ha lasciato un segno sul quantitativo di uva che verrà portata in cantina, con una diminuzione che va dal 20% al 50% in quasi tutta Italia.
L’andamento climatico ha avuto un profondo impatto sulla maturazione delle uve e sulle quantità prodotte, sia a causa delle gelate primaverili e delle intense grandinate estive, principalmente al Nord, sia a causa della peronospora, che è ricomparsa con forza, soprattutto al Centro Sud, a causa dell’umidità persistente.
Federazione Nazionale Vino di Confagricoltura sulle difficiltà del settore
Ecco le principali conclusioni emerse nell’ultima riunione della Federazione Nazionale Vino di Confagricoltura, durante la quale i presidenti delle Sezioni regionali hanno fatto il punto della situazione in vista dell’inizio della vendemmia.
La diminuzione della produzione si riscontra in molte regioni, compresa parte del Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Molise, Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia. Al contrario, Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto sembrano essere in controtendenza, con un aumento stimato del 5% rispetto al 2022.
“In un contesto così complesso, – afferma il presidente della Federazione Vino di Confagricoltura, Federico Castellucci – i viticoltori italiani hanno fatto tutto il possibile ma sono stati messi a dura prova per contrastare le fitopatie acuite dal clima bizzarro. Per chi fa viticoltura biologica, in alcune zone si prospetta addirittura una vendemmia più che dimezzata in termini di quantità. Le prossime settimane saranno decisive per valorizzare al meglio la produzione”.
A favorire la diffusione della peronospora sono stati le abbondanti piogge di tarda primavera e inizio estate.
L’Italia non è la sola ad affrontare questo problema: anche i viticoltori francesi sono alle prese con la malattia che attacca in particolare le varietà più sensibili. “Molte lavorazioni – aggiunge Castellucci – non hanno potuto essere effettuate perché le condizioni climatiche hanno impedito l’accesso ai terreni”.
L’emergenza peronospora si inquadra nella problematica sempre più ampia e grave legata alle fitopatie nel settore agricolo, per il quale Confagricoltura chiede la predisposizione di un “Piano straordinario di azione per la lotta alla diffusione delle fitopatie” che analizzi, sviluppi e sostenga specifiche misure che portino a potenziare e rendere più efficace la strategia nazionale di monitoraggio e contrasto delle malattie.
“Chi è riuscito a trattare i vigneti ha dovuto affrontare ulteriori costi per salvare il raccolto. Costi almeno raddoppiati, in alcuni casi triplicati rispetto ad annate ordinarie, per la lotta fitosanitaria (carburanti, personale, antiparassitari), i trattamenti necessariamente ripetuti e il gasolio, che incidono notevolmente sul conto economico finale e pesano sui bilanci delle aziende, già ridotti per la flessione dei consumi conseguente all’aumento dell’inflazione”.
“La crescita del prezzo delle uve attesa in alcuni areali – aggiunge Castellucci – non sarà mai tale da compensare l’incremento dei costi sostenuto”.
A queste problematiche si aggiunge la continua presenza dei cinghiali che non risparmia le vigne di tutta Italia.
In vista della prossima vendemmia permangono infine le difficoltà a reperire manodopera, che, per il settore vitivinicolo, rappresenta il 20% del totale delle assunzioni in agricoltura. Le nuove misure sui flussi non sono fluide nella gestione burocratica e, nonostante le buone intenzioni e l’apertura del governo alle richieste del mondo agricolo, si arenano ancora sulle pratiche amministrative, troppo lente rispetto ai tempi dettati dalla natura e dalle esigenze delle aziende.