Luoghi comuni sul vino? Eccone 10 da sfatare per bere consapevoli

Luoghi comuni sul vino, che banalità. Sul vino se ne dicono tante. Non bisogna dimenticare, però, il celebre motto In vino veritas. Proviamo, quindi, a fare chiarezza su cattive abitudini e convinzioni sbagliate. Molte di queste, talvolta date per scontate, non fanno bene. Al vino e alla salute.

Ecco i 10 luoghi comuni più “gettonati” sul vino

Mai bere insieme a tavola vini bianchi e vini rossi

Uno dei luoghi comuni più diffusi sul vino è che non si debba pasteggiare abbinando vini bianchi e vini rossi. Se la prima cosa su cui porre l’attenzione è sempre la quantità (e la qualità) di ciò che si beve, può, invece, essere interessante cambiare vino e abbinarlo in base ai piatti ordinati. Dunque, vini bianchi e rossi insieme vanno bene purché scelti ad hoc.

Luoghi comuni classici: il vino rosso? Mai con il pesce

Un altro dei luoghi comuni più classici da sfatare è quello che il vino rosso non vada mai abbinato a piatti di pesce. Niente impedisce di abbinare al pesce il vino rosso (QUI qualche suggerimento) ovviamente caratterizzato da precise peculiarità. In realtà i pesci grassi e carnosi possono essere ben abbinati al vino rosso. Non c’è dubbio che con il bianco sia più semplice trovare “affinità amorose più intense” con la cucina di mare ma con la scelta del vino giusto anche il rosso può creare emozioni. Basta scegliere rossi non troppo complessi. Un vino rosso giovane si abbina molto bene ai piatti di mare.

I vini buoni sono solo quelli con il tappo in sughero

Se il vino ha il “tappo tecnico” (ovvero con sugheri frantumati e assemblati) si tratta di un vino di bassa qualità. E chi lo dice? Anche questo è un bel luogo comune, di quei luoghi comuni più in voga della super hit “le mezze stagioni non esistono più”. Rifiutare questi vini è un errore perché il tappo sintetico, in alcuni casi, consente una conservazione migliore e più performante, grazie a tecnologie avanzate di produzione. Senza dimenticare che, in questo caso, l’odore di tappo è scongiurato.

Se lo champagne è “caldo”, va messo in freezer

Assolutamente no. Anche se hai ospiti e hai dimenticato di mettere lo Champagne in frigo, abbandona l’idea di fare prima mettendo la bottiglia in freezer. Rischieresti solo di dare vita a una bottiglia congelata e tirare fuori una granita di chardonnay. ll punto di congelamento dello Champagne è, infatti, inferiore a quello dell’acqua: lo champagne inizia a gelare ad una temperatura compresa tra -5°C e -9°C. Preferibile allora mettere la bottiglia in un secchiello di ghiaccio con un po’ di sale. L’aggiunta del sale porta la temperatura al di sotto di -20°C, quindi molto più fredda di quella del congelatore.

Il vino bianco va bevuto d’annata

Ecco uno dei luoghi comuni peggiori. Cosa potrebbe dire un produttore di Chassagne Montrachet in Borgogna, di Riesling in Mosella o anche di Fiano campano o a un bianco friulano?. Diversi vitigni, infatti, hanno un tale potenziale evolutivo da andare anche oltre una generazione.

Uva bianca significa vino bianco, uva rossa uguale vino rosso

Non è esattamente così. L’uva con cui si produce il vino ha generalmente la polpa bianca ma il vino ha bisogno anche dalla buccia del frutto per il giusto colore: maggiore è il tempo di fermentazione o di macerazione sulle bucce, più intenso sarà il colore.

Se guardiamo a un classico come il Montepulciano d’Abruzzo rosato o rosso, viene prodotto nello stesso modo. Solo che per il rosato la fermentazione e macerazione delle bucce potrà durare da alcune ore a un paio di giorni, in base all’intensità di colore che si vuole ottenere mentre, per il rosso, si arriverà a un tempo di fermentazione tra i 15 e i 20 giorni.

Un altro esempio, anche questo particolarmente significativo, è quello dello Champagne. Quelli più importanti sono prodotti principalmente con pinot nero, uva a bacca rossa. Il procedimento per il colore è come il precedente. Eliminate le bucce, si otterrà un vino bianco. Esiste anche lo Champagne Rosé che, ovviamente, non potrebbe mai assumere questa nuance se si utilizzassero uve bianche.

Luoghi comuni “trendy”? Il vino rosso è “importante” solo se invecchiato

Un altro dei luoghi comuni più “trendy”, di quelli da sfatare soprattutto se si “incespica” in qualche serata mondana, è quello del vino rosso buono solo se invecchiato. Non è una regola infatti. Alcuni vitigni, per natura propria, hanno minore acidità, elemento determinante per fare del nostro vino un “arzillo vecchietto”.

Ci sono annate dove il caldo è stato torrido, e quelle, forse, avranno un potenziale evolutivo inferiore rispetto ad altre, invece, mediamente più fresche. Dunque le regole di base vanno bene ma senza farci prendere troppo la mano. Un vino invecchiato è sicuramente interessante ma dipende sempre dalle annate. Sono quelle che fanno la differenza.

Il vino più autentico è quello delle piccole cantine, quelle grandi fanno vini troppo commerciali

Non è detto che “fatto a mano” significhi sempre qualità. Un conto è l’artigianalità del vino che richiede competenza, professionalità, esperienza. Altra cosa è l’idea della piccola cantina dove a fare il vino si possono improvvisare tutti. Il vino è cultura non superficialità.

Il vino rosso va servito a temperatura ambiente

Per i vini esiste un concetto diverso dalla temperatura ambiente. Parliamo di giusta temperatura a seconda della tipologia del prodotto, meglio. Meglio sempre portare la temperatura del vino al livello consigliato dal produttore o secondo i nostri desideri. I vini devono essere bevuti alla temperatura corretta e quindi anche per i rossi potrebbe essere necessario fare un veloce passaggio in frigorifero.

Un esempio: se in estate abbiamo voglia di un Chianti, e in casa ci sono 26 gradi, per berlo al meglio bisognerà portarlo a 18-20 gradi. Sarà quindi necessario rinfrescarlo senza farlo diventare freddo, un abbassamento di qualche grado rispetto a dove è stato tenuto. A meno che non si risulti fortunati possessori di una bella cantina areata e fresca.

Per i vini “buoni” serve sempre il decanter

La funzione principale del decanter è separare due elementi, il solido dal liquido. Decantare, dal latino, significa separare. La decantazione, quindi, viene anzitutto utilizzata per eliminare i sedimenti che potrebbero, diversamente, finire nel bicchiere. Ad esempio, nel caso in cui, accidentalmente, il nostro tappo in fase di apertura si sia frantumato. La decantazione ossigena il vino. Un’azione che, quindi, risulta particolarmente utile nei vini da vecchio invecchiamento, rimasti a riposare in bottiglia per tanti e lunghi anni. Quindi se decantassimo un vino rosso giovane, che ha dunque ancora pochi profumi, rischieremo solo di “fargli del male” perché il decanter non farebbe altro che liberare troppo facilmente tutto il suo corredo olfattivo. Il decanter, dunque, come azione consapevole e non come moda.

Luoghi comuni “di riserva”

Se un vino invecchia non è più buono o va in aceto

Attualmente, con le tecniche di produzione utilizzate, è difficile che il vino vada in aceto, il controllo delle temperature in fase di lavorazione garantisce un prodotto a regola.

Un vino bianco possiamo considerarlo invecchiato dopo 3-4 anni minimo dalla vendemmia, per un rosso servono circa 10 anni. Un Brunello di Montalcino Riserva può essere messo in commercio dopo 6 anni dalla vendemmia, quindi 10 anni sono veramente pochi per considerarlo invecchiato.

Con la pizza, mai il vino

C’è la tendenza ad abbinare la birra alla pizza ma non è una regola fissa. In realtà la pizza si abbina al vino proprio come molti altri piatti. Basta saper scegliere.

Il vino dolce è fatto aggiungendo zucchero

Nella produzione di vino non viene aggiunto lo zucchero ma si porta a maturazione l’uva per fare più fruttosio nel mosto. In seguito, si ferma la fermentazione quando si è raggiunta la dolcezza e gradazione alcolica decise o previste per quel vino in particolare.

Lo champagne è per il dolce o a fine pasto

Lo Champagne andrebbe usato a tutto pasto avendo l’accortezza di cambiarne la tipologia al variare dei piatti. Da evitare è proprio con il dolce. Non si abbina ai dessert perché la caratteristica principale di uno Champagne è l’acidità “decisa” che non si sposa al meglio con un piatto dolce.

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