Film e enogastronomia: 3 titoli da non perdere!

Chi l’ha detto che l’estate non è un momento perfetto per guardare un bel film, magari con protagonista l’enogastronomia?

Vero che la bella stagione porta a passare più tempo all’aria aperta, ma altrettanto vero che, complici le ferie, qualche ora in più di relax ce la possiamo concedere. Abbiamo pensato di proprorvi qualche film che merita di essere visto, in cui l’enogastronomia è il fil rouge che unisce le pellicole.

Quindi, alla lista di film a tema vino e di film a tema vino che potete trovare su Netflix, che vi abbiamo proposto qualche tempo fa, aggiungete anche questi film dedicati all’enogastromia:

I ribelli del cibo, quando “piccolo” è buono

È sempre emozionante osservare da vicino il processo produttivo delle aziende, soprattutto se i prodotti sono enogastronomici e di alta qualità. Il documentario I ribelli del cibo di Paolo Casalis (2021) ha il merito di entrare dentro la catena di produzione di alcune piccole attività a carattere familiare dell’Alto Adige: quattro storie di passione e recupero della tradizione, per raggiungere prodotti di eccellenza.

C’è Alexander, produttore di formaggio, che a Clusio alle 5 di mattina comincia a mungere le sue 15 vacche, svelando che «per una toma di 8 kg servono 85 litri di latte».

C’è poi la ristoratrice Maria, che porta avanti l’ottocentesca proprietà di famiglia: nella sua locanda a Gudon, in Valle Isarco, solo prodotti sani a km zero, meglio se accompagnati dai vitigni autoctoni Gewürztraminer, Lagrein e Schiava.

In Val Venosta, Lorenz e Leander sono chiamati i «ribelli delle erbe»: coltivano le piante alpine e le lavorano, per restituire alla valle il piacere d’infusi d’altri tempi.

E infine ecco all’opera Katya e Armin, con le fave di cacao che, tra le loro mani, si trasformano in splendide volute di cioccolato. 

In tutte queste storie, pazienza e orgoglio sono i segreti del successo. Così il letame lavorato, come per miracolo, assume un profumo nuovo «di terra di bosco e funghi». E le pepite di cioccolato si degustano con il giusto metodo: come si fa con le caramelle, facendole girare sulla lingua, per toccare tutte le regioni in bocca e sprigionare, di volta in volta, acidità o dolcezza. Che dire poi delle tisane dei «ribelli»? Delicatezze non certo adatte a tutti i palati.

Quello che conta è non perdere la propria identità. Perché, come racconta Maria, «i salti alti» qui non sono ammessi: a dimostrazione che in Alto Adige sopravvive ancora un motto forse démodé. Restare piccoli, per fare le cose in grande.

Pre-British, il Marsala prima del Marsala

Di tradizioni legate al territorio, si sa, è ricca l’Italia. Oggi vogliamo raccontarvi quella di un vino dimenticato: il Perpetuo, l’antenato del vino Marsala. A parlarne è il documentario indipendente Pre-British, diretto da Andrea Mignòlo (2021).

50 minuti intensi che narrano le gesta di alcuni produttori siciliani che, nel solco del pioniere Marco De Bartoli, non coltivano solo un vino, ma anche un sogno: quello di perpetuare la tradizione e continuare a far vivere quello che era il Marsala prima del Marsala.

Il Pre-British è un nettare dal sapore antico, anche detto “stravecchio” per il lungo invecchiamento in botti, “alto grado” per la gradazione alcolica decisa, e “ambrato” per il suo inconfondibile colore arancio. È il vino ancestrale che trovò il mercante inglese John Woodhouse nel marsalese alla fine del ‘700, prima di trasformarne i connotati con l’aggiunta di acquavite, rendendolo celebre in tutto il mondo.

Nelle tenute di famiglia vediamo alternarsi quattro vignaioli, alle prese con uve che sanno di sale, perché coltivate a pochi metri dal mare, con lumache che si nascondono tra le foglie della vigna, tra botti scolme del metodo Soleras (un quarto è lasciato all’ossigeno). Quattro storie di coraggio e di amore per la propria terra: quella Sicilia che, si dice, «è un paradiso» e la cui ricchezza è il vento.

Grillo, Inzolia, Zibibbo, Catarratto: a regnare è l’acidità dei vitigni a bacca bianca autoctoni. E il disciplinare in tutto questo? Non sta scritto da nessuna parte, perché è dentro ciascuno di loro: parla di rispetto della natura e tanta passione. Quella che fa attendere anni e anni prima di mettere in commercio la prima bottiglia.

È la pazienza di aspettare: un’arte italiana che, anche grazie alla Sicilia, tutto il mondo ci invidia.

Somm, il vino in un dettaglio

Se le vigne sono il vostro habitat naturale e avete il sogno di riconoscere ogni minimo aroma tuffando il naso dentro un calice di vino, allora mettetevi comodi davanti al documentario americano Somm (2012) del regista Jason Wise.

Un’ora e mezzo di “delirio” enologico, un viaggio nelle ossessioni, nella spasmodica ricerca del dettaglio che guida cinque tra i migliori assaggiatori del mondo durante la preparazione del loro esame per “Master Sommelier” di Dallas.

«Somm» è il termine slang che sta per sommelier, colui che in un ristorante cura la cantina ed è in grado di consigliare il giusto vino in abbinamento con il cibo.

Il film è scandito da un conto alla rovescia: più ci avviciniamo al giorno dell’esame, più aumenta lo stress dei nostri aspiranti. Che vivono in un mondo tutto loro, fatto di cartoncini con le domande teoriche da portare in tasca sempre con sé, cartine geografiche disegnate al centimetro e degustazioni di gruppo che durano ad oltranza, giorno e notte.

A emergere non è solo l’adrenalina della competizione (solo pochi supereranno la prova), ma anche la passione per una bevanda straordinaria.

Assaggiare i vini «è un modo di viaggiare intorno al mondo». Ma anche lo strumento migliore per aumentare la nostra percezione, per combattere la quotidianità frenetica e fermarsi ad apprezzare le cose, ad ascoltare tutte le sensazioni.

È un modo nuovo di «annusare il mondo»: un’attenzione alle esperienze sensibili che rende la degustazione alla cieca una vera “sinfonia” di aromi e sapori. Chiudiamo gli occhi e annusiamo il nostro bicchiere di Riesling: non sentite anche voi al naso quella sensazione suggerita da Ian Cauble, di “contenitore di palline da tennis appena aperto”? Se la risposta è no, non siamo pronti per l’esame. Meglio continuare ad allenarsi ancora…







 

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