Territori emergenti: La Colombia e i suoi vini

Tra i “nuovi” vini e emergenti territori per la viticultura c’è la Colombia, nazione dal clima tropicale e dalle condizioni estreme

Paese che vai, vino che trovi. In Colombia, a qualche centinaio di chilometri dalla capitale Bogotà, nel dipartimento di Boyaca, si trova una delle aree più importanti per la viticoltura nazionale. La zona si trova ad altitudini molto elevate, oltre i 1000 metri (arrivano anche a più di 2000 metri di altitudine), non è particolarmente piovosa, presenta notevoli escursioni termiche, 5 gradi di notte e 25 di giorno ed è molto soleggiata.

Si coltivano varietà internazionali, Chardonnay, Sauvignon, Cabernet, Merlot, come spesso accade nel cosiddetto nuovo mondo, ma anche varietà sconosciute, in misura molto minore, allevate ad alberello o a spalliera, quindi meccanizzabili. Date le naturali condizioni climatiche non si eseguono molti interventi in vigna, piuttosto è consentita l’irrigazione per sopperire alla scarsità di precipitazioni.

È una regione caratterizzata dalla diversità dei climi, dei suoli e delle topografie, e di conseguenza degli ecosistemi, con altitudini che vanno dal livello del mare alle nevi perenni, e con la possibilità di trovare al suo interno alcune aree con le condizioni climatiche, pedologiche e topografiche per la coltivazione di uve per la produzione di vino, praticamente tutto l’anno, il che permette di programmare le vendemmie, soprattutto in relazione al tempo, alle dinamiche del mercato e all’uso della tecnologia.

 

Viticoltura Colombia
Viticoltura in Colombia

 

Testimoni di una viticoltura nascente, il racconto di Egone Ratzenberger negli anni in cui ha vissuto in Colombia

Naturalmente sembra subito che ci si impigli nella “contradizion che nol consente“. La Colombia è pur sempre un paese collocato sull’Equatore o giù di lì e quindi pervaso da un clima tropicale, con violenti acquazzoni oppure sole cocente assai, del tutto ostile pertanto alla nobile pianta caucasica.

Ci soccorre un però ed è che il paese è attraversato da tre alte catene di montagne di cui una fortemente vulcanica che nel 1985 registrò un’eruzione non lavica che provocò 25.000 morti (i caldissimi vapori espulsi dal cratere azionarono un’enorme valanga di fango che da un lato sommerse una cittadina di 22mila persone e sull’altro lato travolse accampamenti e villaggi).

Montagne intervallate quindi da altopiani con un clima notevolmente vicino al nostro e dove i coloni spagnoli hanno cercato di far prosperare e fruttificare il vitigno (fino a quando il re spagnolo, per motivi di concorrenza con i prodotti ispanici, gliel’ha loro proibito). Così avvenne ad esempio nella valle del Cauca dove la vite fruttifica praticamente tutto l’anno e dove le vendemmie vi hanno luogo due volte o anche tre nei dodici mesi. In sostanza è un’attività a ciclo continuo.

Nella valle del fiume Cauca che verso la costa caraibica si unisce al più grande Magdalena, per andare poi ad abbracciarsi al mar del Caribe, si coltivano diverse varietà rosse nonché bianche, utilizzando le specie importate. Per la verità il vino ricavato dalle uve rosse non era a mio parere un granché (vivevo in quel paese negli anni ottanta), mentre mi appariva certamente più accettabile il vino proveniente dalle uve bianche (lo paragonavo ad un ottimo Frascati) che l’allora Presidente della Repubblica Betancourt iniziò ad offrire nei suoi ricevimenti.

Un‘idea commendevole in un paese fortemente sballottato, se si considera l’allora onnipresente guerriglia che spadroneggiava soprattutto nella selva amazzonica, ma anche qui e lì nel resto del paese sotto diverse sigle. Attivissima poi la delinquenza legata soprattutto alle enormi somme maneggiate dai narcotrafficanti. A Bogotá la Residenza dell’Ambasciata di Spagna fu oggetto di una sparatoria notturna di intimidazione, perché nell’elenco degli impiegati era stato inserito un poliziotto spagnolo proveniente dall’antitraffico stupefacenti di Madrid. Non lontano dalla residenza dell’ambasciatore italiano era stato altresì assassinato il ministro della Giustizia (1984), perché si era messo in testa di essere più energico verso i narcotrafficanti. L’assassino, un giovanotto senza arte nè parte fu catturato, ma i mandanti naturalmente no.

Ci si scusa per questa carrellata extra vinicola, ma può servire per tratteggiare l’ambiente in cui allora, se parliamo di vino, si aggirava però da sovrano lo splendido vino cileno che era quello che abitualmente si beveva nei ristoranti di vaglia e nelle case private dell’élite ed è, come noto, proveniente da vitigni originali europei non innestati su piede americano, perché la orribile fillossera non era arrivata in Cile. Questa era la situazione nel 1990 e mi auguro vivamente che sia rimasta così.

Sì, noi italiani, ma solo noi, bevevamo però anche parecchio vino nostrano; era facile importare il Chianti e qualche altra marca nonché il Campari (sì, d’accordo, è un bitter, ma pur sempre su base vinosa). Battersi per una nostra maggior esportazione? Forse, ma onestamente non sembrava valerne la pena, vista la temibile concorrenza dei vini cileni.

Ma mi dicono che la cultura del vino si è oggi allargata in Colombia e che ci sono interessanti novità. Ad es. si è iniziata la coltivazione della vite anche sugli altopiani della regione del Boyacá situati più ad est della catena vulcanica di cui prima e soprattutto in una regione di questa regione in cui viene coltivato anche l’olivo. Intendiamoci, si parla circa l’olivo di poche centinaia di piante che il visitatore europeo vede ovviamente con affetto e il cui olio viene però utilizzato precipuamente per finalità medicinali e infatti non ebbi modo di assaggiarne neppure un cucchiaio. Ora in questa zona hanno iniziato a coltivare la vite e mi dicono che il risultato è notevole anche se le quantità prodotte in tutta la Colombia sono relativamente modeste.

E allora cosa bevono i colombiani? Ma ovviamente la birra che è di ottima qualità. Ma essi sono affezionati anche all’ “aguardiente” che è una acquavite di canna da zucchero profumata all’anice e che non mi sembra speciale. Speciale appare invece il rum – in modo particolare quello prodotto nella regione del Boyacá – e che ha ben poco in comune con i liquori dello stesso nome consigliati per la preparazione di cocktail. Il rum colombiano, ma in generale i rum del Caribe presentano un gusto sapido e profondo, apprezzato “nei peggiori bar della regione” come solennemente proclamava un’antica pubblicità.

Ma questa rubrica parla di vini e quindi lasciamo stare le altre bevande. Vogliamo invece celebrare nei vini colombiani un’epifania modesta del vitigno ma che sempre ne rammenta le qualità eccelse. Non mi pare poco.

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