Bollicine italiane: metodo classico e metodo martinotti-charmat

Gli spumanti italiani

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A Capodanno lo spumante è d’obbligo

Capodanno è la festa per eccellenza delle bollicine, meglio se italiane. Must: aperitivo, dolce e brindisi di mezzanotte.

Oltre ad aprire e chiudere i cenoni di fine anno degli italiani, le bollicine, si fanno apprezzare sempre di più per accompagnare molte delle pietanze del pasto.

Ma le bollicine non sono tutte uguali. Non c’è bisogno di scomodare i cugini d’oltralpe, anche in Italia la possibilità di scelta e di qualità è molto ampia.

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I 2 metodi più utilizzati

Quando si parla di spumanti di qualità si indica gli spumanti naturali nei quali l’anidride carbonica si forma spontaneamente nella rifermentazione (a differenza degli spumanti artificiali in cui l’anidride carbonica è addizionata).

La rifermentazione viene condotta principalmente con due differenti metodi:

  • Metodo Classico
  • Metodo Martinotti o Charmat

Il metodo classico

Il metodo classico prevede la rifermentazione in bottiglia ed è quello che si è dimostrato essere il più adatto ad ottenere le bottiglie più pregiate. Il metodo da solo non basta – vini base di qualità, vitigni idonei, precisione nelle pratiche enologiche, tempi – tutto va gestito nel migliore dei modi.

I vitigni più apprezzati per produrre bollicine italiane metodo classico sono: chardonnay, pinot nero e pinot bianco. Nello Champagne, lo spumante francese a metodo classico più famoso al mondo, abbiamo anche il pinot meunier.

Il metodo classico in Italia si ritrova in 4 denominazioni:

Il vino-base

Nel metodo classico si parte da un vino-base ottenuto da vitigni internazionali o altri ritenuti idonei e che hanno subito una pressatura soffice e progressiva, al quale è stato aggiunto il pied de cuve (lieviti selezionati) per innescare la prima fermentazione alcolica.

Solitamente nei mesi di marzo/aprile dell’anno successivo alla vendemmia, si procede con l’assemblaggio con i vini-base di precedenti annate. Arrivando alla cuvèe desiderata. Se la cuvèe è ottenuta da vini base della stessa annata (o almeno l’85%) avremo un millesimato (con annata riportata in etichetta) altrimenti avremo un sans annèe.

Una volta creata la cuvèe, in molti casi in modo che rispecchi nel tempo lo stile della casa produttrice, avremo l’addizione della liquer de tirage (vino, zucchero di canna, lieviti, sostanze minerali).

Verificata che la liquer si sia disciolta e amalgamata nella cuvèe il vino viene imbottigliato nelle tradizionali champagnotte il cui spessore permetterà di resistere alla pressione interna e alle manipolazioni.

Le bottiglie vengono quindi accatastate in posizione orizzontale in cantina e luoghi idonei, qui i lieviti trasformeranno lo zucchero in anidride carbonica e alcol etilico.

I lieviti finito il loro lavoro andranno incontro all’autolisi ricedendo le sostanze che avevano sottratto nella fermentazione.

L’affinamento

La durata dell’affinamento sui lieviti è solitamente prevista dai disciplinari di produzione (minimo 9 mesi). E’ possibile prolungare il periodo di attesa per essere poi ripagati da vini ancora più interessanti (fino a 7/8 anni).

Durante l’affinamento, le bottiglie continuano ad essere attenzionate e sono sottoposte a procedure per mantenere i lieviti in sospensione (coup de poignèe).

Quando lo spumante è pronto avremo il remuage e la sboccatura per ripulire la bottiglia dalle feccie di scarto.

Infine avremo, se previsto, il dosaggio. Lo sciroppo di dosaggio o liqueur d’expedition che viene addizionato, può contenere solitamente del vino più o meno invecchiato, zucchero di canna, distillato, etc, a seconda del tipo di prodotto che si vuole ottenere. Ne caso in cui non venga addizionato alcun dosaggio avremo un pas dosè.

Per la tappatura finale avremo solitamente un tappo a fungo in sughero, capsula in metallo e gabbietta.

Metodo Martinotti o Charmat

Questo metodo deve il suo nome all’italiano Federico Martinotti che decise di utilizzare – per accelerare e ridurre i costi del processo di spumantizzazione – un grande recipiente a tenuta, simile all’autoclave, messa in pratica dall’ingegnere francese Eugene Charmat.

Questa procedura, più rapida ed economica del metodo classico, permette di ottenere vini spumanti dolci o secchi.

Le uve utilizzate sono spesso aromatiche specialmente nella produzione di spumanti dolci. In Italia abbiamo soprattutto: moscato bianco, malvasie e brachetto ma anche moscato giallo, glera e aleatico nero.

Il procedimento per il vino base è similare a quello classico. Poi avremo una rifermentazione in autoclave di acciaio inox nel quale il vino dopo la prima fermentazione farà la seconda con i lieviti selezionati.

Qui i tempi sono più rapidi, si parla di un minimo di 30 giorni.

La maggior parte degli spumanti dolci in Italia sono prodotti con metodo martinotti che consente di far risaltare gli aromi delle uve aromatiche. Lo spumante dolce più consumato in Italia è l’Asti.

Per quanto riguarda il comparto secco a farla da padrone è il Prosecco, ottenuto da vitigno glera, nelle sue varie denominazioni.