Roberto Ghio, presente e futuro del Gavi

I 20 anni della Docg, l’identità del territorio, la Carta di Gavi del Vino Responsabile

Il 25 maggio il passaggio di testimone al Consorzio Tutela del Gavi tra Maurizio Montobbio e Roberto Ghio (patron dell’Azienda Agricola Ghio Roberto Vigneti Piemontemare) è stato ufficiale. Un passaggio generazionale e simbolico, che coincide con i 20 della Docg e la nascita della Carta di Gavi del Vino Responsabile.

Cosa rappresenta per lei questo nuovo ruolo all’interno del Consorzio Tutela del Gavi?
“Dal punto di vista personale è un onore. E ho avuto già modo di constatare che sarà altrettanto un onere. Negli anni Consorzio e Gavi sono cresciuti molto e siamo arrivati ad un punto che coincide simbolicamente con i 20 anni della Docg, una sorta di età adulta per un vino. Ora dobbiamo decidere chi siamo e la questione identità deve basarsi su qualcosa di concreto, reale e spendibile”.

La sua nomina è coincisa anche con la nascita della Carta di Gavi del Vino Responsabile…
“Si, qualcosa che vogliamo diventi organico ed effettivo. La Carta è un messaggio, una promessa. Il vino responsabile riguarda le aziende e deve essere applicato dalle aziende. La Carta di Gavi non vuole essere niente di privato, bensì un apripista, lasciando che altri possano trarne ispirazione per poi confrontarci”.

Potremmo definire la Carta di Gavi l’effetto di un decisione già presa?
“Più intrapresa che presa. I valori della Carta sono stati condivisi, ora dobbiamo trasformarli da parole a fatti. Abbiamo numerose aziende biologiche, biodinamiche o che comunque applicano un regolamento etico. E altrettante sono impegnate nel miglioramento a livello sociale lungo tutta la filiera”.

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