Global warming ed economia del vino

Gli effetti del climate change nel mondo del vino secondo l’analisi di Patrice Geoffron presentata al Vinexpo di Bordeaux

Prima o poi anche il mondo del vino dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici. Se già oggi il riscaldamento globale sta influendo sulla coltivazione delle viti, quali saranno gli scenari entro il 2050?
A dare una risposta è stato Patrice Geoffron, professore di Scienze Economiche all’Università di Paris-Dauphine, che ha presentato al Vinexpo di Bordeaux il suo studio sull’impatto economico del cambiamento climatico sul settore enoico: “la viticoltura ha ampiamente dimostrato una capacità di adattamento senza eguali, superiore a qualsiasi altro comparto agricolo, tanto che oggi le superfici vitate coprono 70 Paesi e 7,4 milioni di ettari. Le minacce del climate change, però, ci mettono di fronte a sfide che non hanno eguali nella lunga storia del vino, mettendo a repentaglio l’intero equilibrio socio-economico del mondo, e non solo quello del settore vinicolo. Che, però, può avere un ruolo importante, tenendo alta l’attenzione sul problema ed iniziando a rispondere per primo a quella che è l’emergenza principale, ossia una produzione energetica che è ancora legata all’80% ai combustibili fossili, è da lì che bisogna partire. Bisogna dare seguito, in sostanza, al protocollo di Oporto del 2018, facendo massa critica e pressione sulle autorità pubbliche”.
“Se falliamo negli obiettivi che ci siamo posti con gli Accordi di Parigi – continua Geoffron – ci troveremo di fronte ad un innalzamento medio delle temperature di due gradi, non nel 2100 come previsto ma nel 2050, e la viticoltura, che pure può trovare nuovi spazi, dovrà comunque confrontarsi con l’incertezza economica che il global warming porterà con sé. I primi costi, in effetti, la viticoltura li sta pagando già dall’inizio degli anni Duemila: dalla ricerca sulle varietà resistenti all’utilizzo di nuovi portainnesti, dai processi di dealcolizzazione a quelli deacidificazione. Costi eterogenei che, in futuro, potrebbero essere ben più alti. Pensiamo a quanto sarebbe devastante spostare di centinaia di chilometri i vigneti di tutto il mondo, impiantando magari varietà diverse, abbandonando così i territori tradizionali del vino, le cui economie rischierebbero di crollare, e poi ci sono i costi commerciali associati ad una produzione radicalmente diversa ed a prodotti nuovi da portare sul mercato”.
Chi saranno i futuri consumatori di vino? La domanda delle nuove generazioni, in primis “dei Millennial, non è incoraggiante, non riescono ad equilibrare il calo dei consumi dei Baby Boomers, ed in generale bevono meno alcolici delle generazioni precedenti, ed anche questo è un aspetto da tenere in considerazione per provare a capire il quadro in cui si muoverà il vino”.
Comunque sia, in un quadro più realistico ed ottimistico, “l’evocazione di nuovi Eldorado del vino, sulla scia del Sud dell’Inghilterra, meritano una critica, perché le Regioni tradizionali del vino sono destinate ad adattarsi ai cambiamenti, magari pagando lo scotto di un cambiamento produttivo che sembra inevitabile, e vista l’incertezza sui consumi futuri la concorrenza è destinata a crescere. In un’economia globale resa più volatile dai cambiamenti climatici – riprende la sua analisi Patrice Geoffron – l’emergere di nuove aree produttive non ha grandi garanzie di successo”.

Dallo studio di Geoffron emergono quattro scenari possibili conseguenza delle scelte che si prenderanno a breve termine rispetto alla dipendenza dell’economia mondiale dai carburanti fossili. Tale dipendenza va superata per abbattere le emissioni e scongiurare una crescita inevitabile e incontrollata delle temperature medie. Nella migliore delle ipotesi l’emergenza si risolverà con le zone di produzione enoica adattate al cambiamento, con nuovi territori che si affacceranno sul mercato competitivo, con la crescita della domanda dei mercati emergenti e l’adozione di una catena produttiva a bassissime emissioni. In altre situazioni intermedie bisognerà affrontare l’emergenza caotica in cui la viticoltura si sarà adattata al cambiamento, ma si troverà ad affrontare un’instabilità economica che porterà crollo della domanda, conflitti commerciali ed una conseguente concentrazione dell’industria del vino; oppure si assisterà all’indebolimento di alcuni territori storici con i cambiamenti climatici che continuerebbero ad influire sulla produzione enoica e con una domanda sempre più frammentaria.
In ultimo la situazione più disastrosa prospetta la persistenza dell’utilizzo dei carburanti fossili con nuove regioni del vino non all’altezza della produzione e regioni tradizionali vittime dei cambiamenti climatici ancora più frequenti. Un’economia del vino incerta, con conflitti commerciali e investimenti poco rassicuranti.

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