Punti dolenti del mercato di esportazione del vino italiano. E strumenti per farvi fronte.

Perché investire in comunicazione digitale e in marketing strategico è più che mai fondamentale per le cantine italiane.

napa1Ora piu’ che mai – congiuntura negativa in Italia, crollo del mercato russo, infinite problematiche in quello cinese – gli Stati Uniti continuano ad essere il mercato estero di riferimento per le aziende vinicole italiane. Mercato che purtroppo per gran parte dei produttori italiani di fascia medio-piccola rimane difficile da raggiungere, contrariamente alle grande aziende che producono milioni di bottiglie  e che possono destinare tutte le risorse necessarie per esplorare,  sviluppare e poi consolidare la propria presenza negli Stati Uniti.

Molti dei problemi incontrati dalle aziende italiane sono oggettivi, quali ad esempio la complessa legislazione “three-tier”, e la fortissima competizione dei vini californiani, che tuttora dominano le vendite con oltre l’80% del mercato domestico.

Altri problemi sono invece “self-inflicted”, visto che nascono da una valutazione errata del mercato stesso e da un’ impostazione commerciale ferma su quel modello tradizionale di importazione e distribuzione  che sta perdendo sempre più rilevanza in un mercato frizzante e dinamico, ed in continua evoluzione, sia sul fronte burocratico che su quello dei gusti stessi del pubblico americano. Last but not least a causa delle enormi possibilità offerte dai social media e dalla distribuzione e vendita al consumatore su piattaforme digitali sempre più sophisticate.

Tra le numerose  sorprese che danno il benvenuto alle aziende nuove nel mercato, queste sono sempre le più significative:
1) scoprire che gran parte dei vini italiani (e per questo francesi e di importazione in generale) sono venduti a prezzi più bassi di quello californiani;
2) i consumatori americani conoscono poco i vini italiani, e soprattutto conoscono molto poco i vini bianchi italiani,  a parte gli intramontabili Soave, Pinot Grigio e, negli ultimi anni, il Prosecco;
3) il mercato USA offre ancora enormi possibilità di crescita visto che per ora i grandi consumatori di vino sono concentrati in aree metropolitane e sono collocati in fasce demografiche relativamente limitate.

Nell’era dei social media e dell’attenzione rivolta all’origine dei cibi e bevande (“Know your farmer, know your food”), i consumatori vogliono sentirsi raccontare una storia:  le aziende italiane offrono infinite opportunità per raccontare la storia del vino che propongono.

Per questo i proprietari devono presentarsi direttamente ai consumatori e tenerli regolarmente aggiornati su quando succede in azienda, con attenzione alle stagioni dell’agricoltura, della vendemmia, della vinificazione, …

Grazie alle nuove tecnologie digitali ed ai social media, è possibile raggiungere questi obiettivi a costi molto contenuti.

I grossi distributori non investono in un’azienda medio-piccola, bensì sul vino che vendono; ad essi interessa avere sempre un buon Valpolicella, ad esempio, non tanto avere sempre la stessa cantina.  E’ quindi indispensabile per le aziende italiane identificare chiaramente quali sono i client potenzialmente più renumerativi, e concentrare le proprie risorse solo ed esclusivamente in questa direzione, senza farsi distrarre dalle sirene dei grandi distributor, per i quali poi si è solo uno tra i tanti vini che servono a riempire un catalogo.

About the Author:

Benedbenedetto-cicoetto Cico, veronese, in California dal 1984, sposato, 4 figli. Founder e President di GUSTO ACADEMY, azienda di servizi specializzata nell’organizzazione di eventi e missioni commerciali negli Stati Uniti per aziende Italiane del settore eno-gastronomico. Membro del Board of Directors della Camera di Commercio di San Anselmo.

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