Blockchain, che cos’è e perché interessa il mondo del vino

Se volessimo tradurla, la potremmo chiamare “catena di blocchi”. Blockchain è un termine entrato nel dizionario di molti, a cui il mondo del vino e dell’agricoltura in generale guarda ormai da tempo. Ma che cos’è e perché un produttore – o chi per lui – dovrebbe essere interessato a saperne di più?

La tecnologia al servizio della viticoltura

Quando si parla di blockchain si entra nel grande universo della tecnologia che oggi, lo sappiamo, interessa sempre di più il settore vino, dalla vigna alla cantina. Basti pensare al vasto tema dell’Agricoltura 4.0 – cioè all’utilizzo delle nuove tecnologie in agricoltura per migliorare la resa e la sostenibilità delle attività – che è oggi centrale per molte aziende e realtà italiane. Un argomento verso il quale anche il mondo del vino si dimostra sensibile, come evidenziano i risultati del Premio nazionale per l’Innovazione promosso da Confagricoltura. Tra le nove vincitrici, infatti ben 4 sono aziende vitivinicole.

Blockchain e vino, sostenibilità e trasparenza

Proviamo ad andare un po’ più nello specifico. Che cos’è la blockchain e come funziona?

La blockchain, la “catena di blocchi” è anche una catena di valori, protetti con sistema crittografato unico. Ogni dato inserito può essere verificato e controllato non solo da tutti i membri della filiera, ma anche dal consumatore finale, che potrà così sapere cosa c’è dietro quel prodotto – o quel vino, nel nostro caso specifico- e come si è arrivati al risultato finale. Per farlo, non servono strumenti inaccessibili. Basta uno smartphone e una connessione internet.

Con la blockchain entrano dunque in gioco elementi di grande attualità come la sostenibilità e la necessità di una continua trasparenza. A chiederla, gli stessi consumatori che sono sempre più attenti a cosa hanno nel piatto – o nel bicchiere – e quali sono i processi produttivi.

Lo dimostra, ad esempio, la crescita di interesse per il biologico che, secondo un’indagine portata avanti da Coldiretti/Ixé lo scorso autunno, piace a più di un italiano su quattro. “Dall’acquisto di prodotti a minor impatto ambientale al taglio degli sprechi, dall’interesse per le energie rinnovabili al riciclo, dalla sharing economy alla mobilità piu’ sostenibile sono molti – sottolinea la Coldiretti – sono tanti i segnali che indicano una crescente attenzione alla riduzione del consumo delle risorse del Pianeta”. E a una crescente consapevolezza, aggiungiamo noi.

VinAssure, la blockchain a servizio del vino

A fine 2020, si molto parlato di VinAssure, la nuova piattaforma basata su tecnologia blockchain IBM presentata da eProvenance. Due i servizi che VinAssure assicura al mondo del vino. Da una parte, la piattaforma aiuta infatti i produttori di vino a rispettare metodologie rigorose per evitare errori lungo la supply chain, a causa di informazioni inesatte o condizioni di trasporto improprie. In questo modo il produttore potrà continuare a tracciare il proprio vino anche una volta uscito dalla cantina, per assicurarsi che tutto proceda per il verso giusto.

In secondo luogo, VinAssure offre ai consumatori maggiori informazioni sui prodotti. Si torna sul tema della trasparenza, di cui abbiamo parlato prima. Utilizzando identificatori esistenti, come un QR code sulla bottiglia, sarà possibile conoscere, ad esempio, la provenienza del vino, i diversi profili aromatici e dati inerenti gli standard normativi per la certificazione biologica, biodinamica o di sostenibilità.

La blockchain a salvaguardia del made in Italy

Ma la blockchain può essere utile anche e soprattutto in chiave di salvaguardia del Made in Italy e lotta contro le frodi. In questo modo, sarà sempre più possibile tracciare il prodotto e ridurre i rischi di tentativi di imitazione e/o frodi, a cui il vino italiano è – purtroppo – abituato.

Pensiamo, ad esempio, all’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Firenze che, a ottobre 2020, ha scoperto falso Doc Bolgheri Sassicaia. 400mila euro al mese per 4.200 bottiglie, relative ad annate tra il 2010 e il 2015. Stesso destino per Brunello di Montalcino, Sassicaia e Chianti, al centro di un sistema di contraffazione che partiva dalla Cina. L’illecito andava avanti dal 2018.

Related Posts

Ultimi Articoli