Vini georgiani, naturali è dir poco

Culla del patrimonio vitivinicolo mondiale, la Georgia vinifica nei tradizionali kvevri. Socialità, cultura, naturalità, tradizione: i vini georgiani sono vini da scoprire e capire

vini georgiani8000 anni di storia, cultura e tradizione: un debito che gli amanti del vino hanno ancora oggi nei confronti della Georgia, terra che ha visto la nascita della viticoltura e dove – non a caso – è stata scoperta la prima cantina del mondo, datata 4.000 a.C. Anche l’etimologia ci viene in soccorso: la parola “vino” deriverebbe dal giorgiano “gwino”, a conferma di quanto già detto.

L’occasione per approfondire la conoscenza dei vini di questo affascinante stato, ex Repubblica Sovietica, è stata data a stampa e pubblico il passato weekend, in occasione dell’edizione pilota dell‘Only Wine Festival (Città di Castello, 13/15 giugno). Ospiti una trentina di cantine georgiane, poche di grandi dimensioni, la maggior parte piccole e piccolissime, ognuna con una sua interpretazione dei vitigni, del territorio e della tradizione.

Come ricordato dall’antropologo alimentare Sergio Grasso, che ha curato la degustazione per operatori del sabato pomeriggio, il vino nella cultura georgiana ha un antichissimo e fondamentale ruolo sociale. Ecco perchè in ogni banchetto e occasione di festa la figura di un maestro di cerimonie (Tamada) è di primaria importanza: al Tamada spetta il compito di chiamare i brindisi, facendo scorrere il vino fra gli ospiti al ritmo di augurali “Gaumarjos!” (salute!).

“La riscoperta del valore etico e storico dei prodotti eno-agroalimentari portatori di tradizione e naturalità – ha spiegato Grasso – ha portato all’attenzione mondiale i vini georgiani ottenuti con l’antichissimo sistema del kvevri. Quelli che più sconcertano i palati occidentali sono sicuramente i vini bianchi, che i georgiani definiscono dorati, ai quali i lunghi mesi trascorsi nelle anfore conferiscono una certa tannicità, un corpo notevole e una complessità aromatica singolare”. “Sconcertano” è la parola giusta: naso di smalto e petrolio, grande corpo, caratteristiche mal leggibili secondo gli standard a cui siamo abituati. Per capire questi – grandi – vini è necessario fare tabula rasa, dimenticare i concetti nostrani di difetto o bontà, le nostre scale di giudizio e i nostri parametri, e cercare un approccio del tutto diverso.

Complessivamente le varietà di uve autorizzate al commercio dal governo georgiano sono 38, meno di un decimo dell’incredibile eredità storica di cultivar presenti nella nazione. Le due regioni più vocate sono Kakheti e Imereti: la prima area è coltivata a Rkatsiteli, Saperavi, Mtsvane Kakhuri, Kisi e Khikhvi; la seconda a Tsolikouri, Kvishkhuri, Tsitska e Dzelshavi.image-4

Queste varietà, nella maggior parte dei casi, sono vinificate in qvevri, ovvero nell’orcio georgiano di argilla cotta, rigorosamente interrati e spesso rivestiti da un film di cera d’api. Esistono due metodi di vinificazione, quello “Kakheto” e quello “Imereto”. Nella regione di Kharketi, dopo la spremitura dei grappoli effettuata ancora con i piedi in tronchi d’albero scavati, il contadino versa il mosto con tutta la sua vinaccia nel qvevri. Una volta riempito e chiuso il contenitore, e ricoperto con sabbia o terra per isolarlo, si lasciano andare fermentazione e macerazione, anche per 6 mesi,così da ottenere un vino giallo, denso, scuro, tannico, con un tasso alcolico di 13 o 14 gradi. Il metodo usato invece nella regione centro-occidentale dell’Imereti è un po’ diverso, perché al mosto viene lasciata solo una parte delle vinacce e il vino che ne deriva è più chiaro e più ricco di acidità vegetale. Il metodo di vinificazione tradizionale georgiano è stato riconosciuto Patrimonio Unesco nel 2013.

Fra le aziende che abbiamo avuto modo di conoscere nel corso dell’Only Wine Festival c’è grande eterogeneità: Daniel Winery, ad esempio, nasce dalla passione di un giovane danese che applica una tecnica più moderna ai vitigni georgiani; Winiveria, giovane cantina del Kakheti; Nina Ananiashvili & Wine and Art, della famosa ballerina georgiana, direttore dello State Ballet of Georgia. E poi tante cantine più piccole, di dimensioni quasi domestiche, come Nikas Wines, Niki Antadze, Mandili Wines, Okro Wines, Temi Wines, Archil Guinava, Gaios Sopromadze. E Pheasant’s Tears, progetto voluto dal pittore americano Jhon Wunderman, che innamoratosi della Georgia, ha creato questa cantina, oggi fra le più rinomate del Paese.

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