Vini “alternativi”: uno scambio reciproco fra uomo e natura

Abbiamo incontrato Federico Giotto: la certificazione biologica è solo un punto di partenza per raccontare il percorso di realizzazione di un vino biologico, biodinamico o artigianale.

Il sempre maggiore interesse del pubblico verso il vino “alternativo”, sia esso biologico, biodinamico o “artigianale” è ormai un dato appurato. Ad accomunare questi differenti indirizzi produttivi – e ad affascinare il consumatore – è l’approccio “maieutico” al territorio, in un’ottica che punta a valorizzarne le potenzialità intrinseche, assecondandolo, piuttosto che imporre il passo con tecniche invasive. Abbiamo intervistato in proposito Federico Giotto, giovane professionista che si occupa di consulenza agronomica, enologica e di formazione.

Federico GiottoFederico come nasce la tua professione?

Una volta ho sentito dire da una persona che, in un certo qual modo, noi siamo anche ciò che abbiamo perso. Avevo quattro anni quando in un tragico incidente morì mio padre e mia madre preoccupata per il futuro dei suoi due figli decise di comprare sei ettari di terra. Continuava a ripeterci: “Se manco io, almeno avrete un posto dove piantare delle patate”. Ebbene in quel terreno, che oggi si trova proprio al centro della DOCG del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, c’era un vecchio vigneto di Glera, Verdiso e Bianchetta dove mossi i miei primi passi. Ricordo la grande emozione del primo vino fatto con l’aiuto del nonno… poi curiosità e tanto studio hanno fatto il resto.

lab_03Il vostro motto è “Giotto Earth Listener”. Cosa significa esattamente? Come trasferite questo ascolto, questo “listening”, nel fare il vino?

Ascoltare, assecondare e reinterpretare senza imporsi alla natura è lo spirito con il quale noi siamo convinti sia possibile valorizzare un’identità, un terroir, un vino. Coglierne le peculiarità, esaltare il talento espresso dalla vite e riuscire a trasferirlo al vino rendendolo riconoscibile. Questo è il vero valore del nostro lavoro. Questo è il senso della nostra continua ricerca: riuscire a valorizzare ciò che è buono e diverso per natura.

vigneto_2Sei nato e cresciuto nei colli di Conegliano, dove lavori tuttora. Come è cambiato l’approccio alla vigna e al vino in questi anni nella tua zona? E nella denominazione del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, che rappresenta oggi un mercato di tendenza a livello globale?

È in atto una profonda trasformazione del modo di coltivare e di fare vino in questa zona. Ci sono aziende e giovani enologi sempre più sensibili e attenti che hanno capito che il vero valore del vino sta nel territorio che coltivano e nel saperlo esaltare. Esaltare la diversità di questi territori e il minimizzare una tecnica esasperata che spesso ostacola l’espressione naturale del vino rappresentano un’opportunità grandiosa per queste colline uniche.

L’interesse verso i vini alternativi è sempre più in crescita anche in Italia di fronte a una tendenza non certamente rosea a livelli di consumi interni. Lo dimostrano le tante fiere, Vinitaly bio, i mercati. Perché secondo te?

Credo che alla base di questo interesse ci sia la voglia sempre più diffusa di ridare valore alla materia e alla sua identità e non a una tecnologia di produzione: la necessità di riscoprire la genuinità non solo di un gusto ma anche di un pensiero e di un percorso. – Quali mercati vedi come più sensibili al tema? I mercati che sono più sensibili sono stranamente quelli meno radicati nelle proprie tradizioni o che non producono vino: sono rimasto particolarmente colpito come i Paesi nordici e quelli di recente produzione vitivinicola siano i più attenti a questi aspetti.

calici vino_2A “Viniveri–Vini secondo Natura” in programma dal 20 al 22 marzo a Cerea (VR) si è affrontato il tema “Verso un’etichetta trasparente”. Qual è il tuo pensiero in merito?

Purtroppo non ho avuto l’occasione di partecipare al convegno. Credo che di fondo sia una buona idea ma ci sono diverse cose che potrebbero renderla di difficile applicazione. Il primo pensiero che mi viene in mente è dell’enorme quantità di vini che vengono affinati in legno. Sia la barrique e sia la botte, anche se vecchie, cedono una parte di tannini anche a distanza di anni. Sarà quindi necessario indicare che il vino contiene legno di rovere?

lab_02Quali sono oggi come oggi le esigenze più impellenti nel mondo del vino “alternativo” secondo te?

In primis riconoscere che il vino non è un prodotto che esiste in natura e che il punto centrale sta nel percorso con cui si arriva ad ottenere un grande vino. Ci deve essere un rapporto scambievole fatto di prendere e di dare tra l’uomo e la natura circostante. Una sorta di scambio reciproco che deve arricchire entrambi. Alla base di questo rapporto c’è la conoscenza come strumento non tanto per imporsi sulla natura ma per affinare la propria sensibilità. Purtroppo è difficile trasferire tutto questo al consumatore sottoforma di certificazione. Tuttavia penso che la certificazione Bio debba essere quantomeno una base di partenza. Se poi, come spesso accade, qualcuno fa meglio, sarà compito del singolo o del gruppo comunicarlo adeguatamente.

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