Questa primavera godetevi un weekend alla scoperta del Sangiovese di Romagna
Da sempre sinonimo di convivialità, negli ultimi anni questa regione ha iniziato a vedere riconosciuta anche l’identità dei propri vini, a partire dal Sangiovese di Romagna. Un vitigno quello del Sangiovese che qui sa esprimere una stupefacente “croccantezza” di frutto, anche in annate che risalgono a metà anni ’80, come emerso durante “Vini ad Arte”, l’evento cardine per la produzione enologica romagnola che si tiene a febbraio nello spettacolare scenario del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. Se vi siete persi questa due giorni di approfondimenti dove è stata presentata l’anteprima del Romagna Doc Sangiovese Superiore Riserva 2011 – un’annata chiusasi in leggero anticipo che ha dato vita a vini con tannini ancora ruspanti, buona acidità e alcol in grado quindi di invecchiare a lungo – non lasciatevi sfuggire un giro fra i vigneti di queste zone.
La tradizione enologica locale si è mantenuta intatta nel tempo tanto da conservare ancora oggi il tradizionale allevamento ad alberello. La varietà pedoclimatica va dal calcare di Bertinoro, a Marzeno e Brisighella con terreni rispettivamente argillosi-ferrosi e argillosi-calcarei, fino all’eterogeneo Predappio dove compare anche la matrice marnoso-gessosa, consentendo così di ottenere vini dal variegato profilo sensoriale. Oltre al Sangiovese, questa è la patria del Romagna Docg Albana Secco – vinificato anche nella versione passita e con centro storico nella zona di Bertinoro – e di numerosi autoctoni, fra cui il Pignoletto e il Famoso.
E se vi va una divagazione, il Museo Internazionale delle Ceramiche offrirà alla vostra vista la più grande raccolta mondiale di ceramiche, con esemplari che spaziano dall’America pre-colombiana a produzioni classiche e mediorientali, dal Medioevo, attraverso il Rinascimento e l’Ottocento, per giungere sino agli stili novecenteschi.
Per una cena in stile romagnolo, il San Domenico di Imola coniuga gastronomia locale in chiave creativa – l’uovo in raviolo San Domenico con burro di malga, parmigiano dolce e tartufi di stagione – e una fornitissima cantina costruita dai monaci francescani più di cinquecento anni fa che merita una visita.