Piano di indirizzo territoriale della Toscana: parla la Regione

In attesa di un incontro tra la Giunta regionale e d i rappresentanti del mondo agricolo, Anna Marson smorza le polemiche sollevate dal Piano di indirizzo territoriale della Toscana.

piano di indirizzo territoriale della toscanaMentre le polemiche contro il Piano di indirizzo territoriale della Toscana ancora non si placano, la Regione Toscana, attraverso le parole di Anna Marson, Assessore all’Urbanistica, alla pianificazione del territorio e del paesaggio, cerca di chiarire i punti salienti che tanto fa discutere.

 

 

 

Quali sono i contenuti principali del Piano Paesaggistico regionale?

Il piano paesaggistico integra il Piano di Indirizzo Territoriale della  Toscana con i contenuti previsti dal Codice nazionale dei beni culturali e del paesaggio per i piani paesaggistici regionali.
Questo strumento da un lato codifica in modo univoco le regole da rispettarsi nelle aree interessate da vincoli paesaggistici statali, dall’altro approfondisce la conoscenza e l’interpretazione dell’intero paesaggio regionale, definendo obiettivi di qualità e direttive rivolte ai piani urbanistici.
Il lavoro sulle aree vincolate è stato condiviso con tutte le Soprintendenze locali, oltre che con gli uffici regionali e nazionali del Mibact, e dunque le regole che sono state specificate per ciascuna di queste aree rappresentano una certezza, per chiunque sia interessato a ottenere un permesso di trasformazione, delle condizioni alle quali il progetto potrà essere approvato anche in sede di autorizzazione paesaggistica. Ciò elimina quella forte discrezionalità nell’interpretazione delle norme che non fa onore a una regione civile come la Toscana.
L’approfondimento dell’intero territorio regionale, finalizzato a identificare le relazioni strutturali fra elementi geomorfologici, ecosistemici, insediativi e colturali che rendono così apprezzabili i paesaggi toscani, è invece finalizzato a qualificare gli atti di governo del territorio che ai diversi livelli territoriali già oggi disciplinano le trasformazioni. L’obiettivo è quello di far sì che i diversi paesaggi toscani, nelle continue trasformazioni cui sono soggetti, mantengano e per quanto possibile migliorino la loro qualità.
Essendo stato nel suo insieme validato dal Mibact, il piano paesaggistico una volta recepito negli strumenti comunali potrà produrre importanti semplificazioni nelle procedure di autorizzazione paesaggistica oggi vigenti.

Perchè è stato letto come attacco così diretto ai vigneti?

In diversi passaggi del testo sono presenti riferimenti ad alcune criticità, in primo luogo idrogeologiche ed ecosistemiche, prodotte dalle monoculture intensive e specializzate estese per molti ettari senza soluzione di continuità. In alcuni contesti fra le monoculture citate ci sono anche le grandi estensioni di vigneti quando questi si presentano come unità colturali di diversi ettari ciascuna, ripetute senza interruzione alcuna nell’estensione complessiva, a volte anche nel rapporto tra lunghezza della parcella impiantata e pendenza della stessa.
In forme diverse, è un dibattito assai acceso che è presente in Toscana perlomeno dal XIII secolo, quando il de’ Crescenzi perorava le ragioni dell’impianto a gira poggio rispetto al ritto chino e il celeberrimo affresco sugli effetti del buongoverno sulla campagna illustrava le buone pratiche a questo riguardo.

Durissime le parole con cui è stato accolto il Piano di indirizzo Territoriale, fortemente contestato da piano indirizzo territoriale della toscanaproduttori, consorzi e rappresentanti politici. Si tratta di una cattiva interpretazione?

Ritengo sia opportuno distinguere fra attacchi politici (di diversa natura e scopo) e obiezioni di merito. La struttura del piano è per sua natura complessa, e ogni riferimento va contestualizzato rispetto al fatto che descriva criticità in atto o che preveda azioni normative al riguardo. Nella descrizione delle criticità in alcuni casi è stato usato un linguaggio che ha evidentemente fatto sentire alcuni viticoltori sotto accusa. Ci tengo a ribadire che noi intendevamo evidenziare la criticità di alcune specifiche situazioni, e siamo pronti anche a rivedere il linguaggio usato al riguardo, ma è stato invece passato il messaggio, non vero, che il piano era in generale contro i vigneti. Un’accusa tanto assurda quanto paradossale, dal momento che i vigneti sono una componente fondamentale del paesaggio toscano. Ma qualche regola di buon senso ci vuole anche per i vigneti, quando il loro impianto produce modifiche alla configurazione idrogeomorfologica, alla biodiversità complessiva e quindi anche al paesaggio dei diversi luoghi.

Il fronte contrario al Pit si presenta duro e compatto. Come pensate di trovare un punto di incontro?
Nel merito il confronto è tuttora aperto, con tutta la disponibilità a migliorare per quanto possibile la sintesi fra i diversi punti di vista e le diverse esigenze.
Coloro che sono effettivamente interessati a difendere le reali esigenze del fare impresa troveranno un ascolto attento delle loro ragioni. Quanti sono invece interessati a mantenere la discrezionalità delle norme, dei poteri, dei finanziamenti pubblici a prescindere dai loro condizionamenti definiti in sede europea avranno comunque vita (politica) corta, a prescindere dal piano paesaggistico. Sono profondamente convinta che la Toscana meriti di avere una gestione del proprio territorio il più possibile unitaria e trasparente. Il piano paesaggistico, insieme alla riforma della legge regionale di governo del territorio da me promossa, sono due strumenti che ci permetteranno di raggiungere questo obiettivo.

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