Parliamo con Angelo Gaja di ingegneria genetica applicata alla viticoltura

Il suo augurio per l’Italia…

Abbiamo già approfondito, a più riprese, il tema dell’ingegneria genetica applicata alla viticoltura. A smuovere le acque fu proprio Angelo Gaja, con una lettera dello scorso novembre. Il pezzo completo, sul numero di febbraio de I Grandi Vini.

Perché la viticoltura ha bisogno di essere coadiuvata da tecniche di ingegneria genetica?Angelo Gaja_bott_HR

“Non sono un esperto di genomica. Come molti altri miei colleghi negli anni passati avevo iniziato a collaborare con dei consulenti ricercatori/professori universitari per apprendere di più sul modo di condurre i vigneti con maggiore rispetto per l’ambiente. Sono stati alcuni di loro a sostenere la necessità di una maggiore apertura in Italia alla ricerca (genome editing, cisgenesi) ed alla sperimentazione in campo aperto con l’obiettivo di contenere o abbattere uso di fitofarmaci e combattere fitopatologie. Così mi sono avvicinato al loro pensiero”.

Cosa si augura per il futuro, in questo campo?

“Mi piacerebbe che l’Italia prendesse iniziative anche in questo campo, avanzando un progetto con enunciate le regole di sicurezza. Evitando però che la scelta politica diventi lo strumento per inattivare la scelta tecnica e continuare a parteggiare per la lobby del bio come è avvenuto sino ad ora. Mi piacerebbe che l’Italia fosse capace di formulare un progetto che ambisca a divenire un esempio capace di ispirare anche altri Paesi”.

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