Intervista a Beppe di Maria di Carvinea sul suo OTTO

Un Ottavianello in purezza come sfida per riscoprire il legame con il proprio territorio e per dare ascolto alla voglia di sperimentazione.

Intervista a Beppe di Maria, patron di Carvinea. La cantina ha da poco lanciato il suo OTTO, ovvero un DSC_0152Ottavianello in purezza. E noi non  potevamo che essere curiosi…

Parliamo dell’Ottavianello: che tipo di vitigno è? Qual è brevemente la sua storia?
“L’Ottavianello (o Ottaviano) è un vitigno a bacca nera di origine greco-caucasica. Presumibilmente fu introdotto in Italia, nel periodo della Magna Grecia, o dalla popolazione dei focesi che fondò colonie in tutto il Mediterraneo o dagli eubei, che si stanziarono in Campania nel IX secolo. Entrambe le ipotesi sono avallate dalla parentela genetica del vitigno con il Syrah e con l’Aglianico, entrambi a loro volta legati all’uva Dureza (la Duracina dei latini). Ha anche rapporti di parentela con un gruppo di varietà vicine geneticamente al Sangiovese (Frappato, Gaglioppo). Diffuso in Francia nel medioevo, l’Ottavianello sarebbe rientrato in Campania alla fine del XIII secolo con gli Angioini del governatore di Napoli e Avignone Carlo II, nel periodo della cattività avignonese. Probabilmente l’introduzione del vitigno in Puglia si deve al marchese di Bugnano, che dal paese di Ottaviano, in provincia di Napoli, lo importò a San Vito dei Normanni (provincia di Brindisi) nella seconda metà del XIX secolo. Questo spiegherebbe l’origine del nome”.

Perché avete scelto di “riscoprire” questo vitigno e farne un vino in purezza?
“In Francia, sotto il nome di Cinsault, è tra i vitigni maggiormente coltivati in termini di superficie vitata. In Puglia è sopravvissuto tra i filari di alcune vigne nei comuni di Ostuni, Carovigno e San Vito dei Normanni (areale della Doc Ostuni). Conoscendo molto bene quei terreni, essendo la nostra cantina collocata proprio a Carovigno, ho avuto la possibilità di assaggiare delle versioni non proprio “memorabili” e “pulite” di Ottavianello e aldilà dei difetti sensoriali ho scorto qualcosa di molto intrigante, aromi e caratteristiche che nei vini pugliesi non avevo mai sentito. Un po’ per il legame che ogni cantina deve avere col proprio territorio e un po’ per validare quell’intuizione ho deciso che dovevo provarci, dovevo sapere se da quell’uva dimenticata si potessero fare grandi vini. Da solo però non ce l’avrei fatta: è stato per me prezioso avvalermi della scienza del mio caro amico Riccardo Cotarella, anche lui inizialmente scettico su questa varietà. Vedere oggi OTTO in bottiglia credo rappresenti la miglior risposta a quegli interrogativi e la miglior soddisfazione per chi ha sempre voglia di sperimentare e fare ricerca”.

Che riscontri commerciali e in termini di apprezzamento del pubblico vi aspettate da questo vino?
“Credo che sia destinato a cambiare la percezione di una fetta di pubblico che identifica i vini rossi pugliesi solo come vini dotati di grande potenza alcolica, profumi di confetture, dolcezza zuccherina e in definitiva difficilmente abbinabili al cibo, per lo meno non alle pietanze di tutti i giorni. Oggi esistono tantissimi prodotti eccellenti ottenuti da uve Nero di Troia, Negroamaro e Primitivo che hanno spostato i riflettori internazionali sulla Puglia del vino, ma un Ottavianello in purezza così elegante credo rappresenti qualcosa di veramente nuovo per questa terra fantastica.

Quali sono le caratteristiche organolettiche di “Otto”? Dove lo potranno acquistare i consumatori e a quale prezzo?
“Rosso rubino trasparente e brillante, è dotato di una luce vivissima. Al naso giungono aromi di vaniglia, cacao, pepe nero e interessanti accenni balsamici ma anche decisi effluvi di ciliegia rossa fresca e spiccate note di fiori rossi. Al gusto è secco, ben strutturato, dinamico ed equilibrato con tutte le componenti ben fuse tra loro. In particolare si avverte una piacevolissima acidità unita a note minerali e sapide. Il finale è lungo e caratterizzato da armonici ritorni di ciliegia e fiori che si uniscono a un gradevole sentore di arancia rossa”.

Si può definire una scommessa enologica? Quali sono i rischi e quale la posta in gioco?
“Il momento vero dell’ “azzardo”, per restare in tema di scommesse, credo appartenga al passato, agli anni di ricerca sul campo, alle vendemmie sperimentali e al duro lavoro che avrebbe anche potuto non dare i frutti sperati e che invece, sacrificando tantissimi grappoli (operazione necessaria per questo vitigno dalla potente vigoria), lasciati a terra nelle diverse potature ha sorpreso tutti con la sua originale eleganza. Non vedo rischi nel futuro di OTTO e dell’Ottavianello in genere e, anzi esorto altri produttori pugliesi a seguire la mia intuizione e a produrre anche loro un monovarietale Ottavianello di grande qualità per fare sistema. Questa scommessa rappresenta per la nostra generosa Puglia enologica l’anello che mancava e che ora c’è”.

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